21 aprile 2012

CARO GILLES VILLENEUVE..

Gilles Villeneuve - Imola 1982 (inedita, copyright Claudio Arisi)


Non era un tipo che passava inosservato. Anche se era alto poco più di un metro e mezzo.
Arrivò a Imola pilotando il suo elicottero, atterrò direttamente dietro ai box, facendo volare via transenne, cartelli e ombrelloni. Come ho detto, non passava inosservato.
Già si sapeva che con lui non potevi mai rilassarti: poteva combinare qualcosa, sconvolgere la realtà, in qualunque momento, con una delle sue invenzioni.

Gilles Villeneuve, Ferrari F.1 - Imola 1982 (inedita, copyright Claudio Arisi)

In corsa, se un pilota più lento non lo faceva passare, lui gli passava sopra. Se restava senza una ruota, lui andava avanti lo stesso. perdeva per strada un alettone, la carrozzeria: avanti, avanti e ancora avanti.
Si può dire che, a suo modo, era un creativo.
Quello che lasciava sconcertati era che lo realizzava molto normalmente, senza troppe meditazioni. Era ineffabile. Ma non era pazzo. Almeno, non lo era completamente. C'era un metodo in quello che faceva: potevi pensare che sarebbe stato ugualmente implacabile, fuori dalla pista, nel tagliare il prato in giardino o nel prepararsi un sandwich. Anche se, devo dire, non ce lo vedevo a fare certe cose da persona normale.

Villeneuve con l'Ing. Forghieri - Imola 1982 (inedita, copyright Claudio Arisi)

Là, a Imola, l'ho osservato: stava seduto in fondo al box, schiena al muro, la tuta bianca, sudato, beveva acqua minerale da una bottiglia verde.
Intorno a lui tutti parlavano, meccanici, ingegneri, lui niente, beveva.
Aveva lo sguardo fisso su qualcosa che non era in quella stanza, come se non sentisse, come se lui, lì, avesse già finito nel momento che era sceso dalla macchina.
Era uomo di poche parole, difficile ricavare una buona intervista: lui parlava attraverso i fatti.
Il conto delle vittorie ha poca rilevanza, anche perchè le imprese più incredibili, quelle che non si dimenticheranno mai, le ha compiute quando non ha vinto.

Gilles Villeneuve - Imola 1982 (inedita, copyright Claudio Arisi)

Due settimane dopo l'ho rivisto in televisione, proiettato fuori dalla sua Ferrari, sulla pista di Zolder. Ho capito subito. Come, allo stesso modo, avrei capito subito dodici anni più tardi.
Mi ricordo la sensazione di stupore nel prendere atto che non era invulnerabile come pensavamo, che, anzi, era un essere mortale, come tutti noi.



2 commenti:

  1. Bello il testo di Claudio e toccante... soprattutto vero. Gil era molto piu mortale rispetto a tutti noi, perchè viveva al limite quando saliva sulla rossa... e il limite si sa, prima o poi lo si passa. Ma il suo limite è stato l'inizio della sua leggenda. E ora restano le imprese epiche, il romanticismo e i ricordi di un cavaliere che non tornerà mai piu.

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    1. Certo, Alessandro, erano altri tempi, altre piste ed altri uomini.
      Ma come dimenticare il nostro allegro stupore quando Gilles ne combinava una delle sue e trasformava un pomeriggio come tanti in un giorno da ricordare a distanza di decenni..

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