Tour de France 1967
Il Tour de France è l’estate. L’estate
che non può finire, il caldo meridiano di luglio. Nelle case si chiudono le
persiane, la vita rallenta, la polvere danza nei raggi del sole. Stare al
chiuso quando il cielo è così azzurro sembra già discutibile. Ma stravaccarsi
davanti a un televisore quando i boschi sono profondi, quando l’acqua promette
frescura, luce! Eppure è lecito, se è per guardare il Tour de France. Si tratta
in questo caso di un rito degno di rispetto che esula dal farniente ebete,
dall’abbandono vegetativo. E poi non si guarda il Tour de France, si guardano i
Tour de France. Sì, in ogni immagine del gruppo lanciato sulle strade
dell’Alvernia, o di Bigorre, si iscrivono in filigrana tutti i gruppi del
passato. Sotto le maglie fluorescenti, si vedono tutte le vecchie maglie di
lana… Sullo schermo del televisore, le estati si assomigliano e gli attacchi
più vivaci hanno il sapore di una bibita alla menta.
Philippe Delerm (La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita)
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